Gli Hermanos sono un duo formato da Roberto Brussato(chitarre, piano, keyboard) e Giorgio Brussato(basso, voci, keyboard, drum machine), che debuttano sulla scena musicale con l'album "Blinding Love" targato Metalmorfosi Record. Le sonorità leggere come una piuma e profonde come un pozzo collocano questo lavoro su una linea darkeggiante ricca di spunti wave tutti databili anni'80. Le chitarre che spennellano riff crudi collocano "Blinding Love" nei piani medio alti di un buon ALternative Rock, il tutto arricchito da contributi di synth e suoni campionati, che rendono il cd davvero unico e di buona fattura. "Blinding Love" per certi versi suona Depeche Mode c'è poco da fare, ma non essendo una costante si lascia apprezzare in tutto e per tutto. Belle le tracce "Dust", "Blinding Love" e "Stars" quelle secondo me più rockeggianti, che si alternano a brani più particolari come "La Danza del Mosquitos", "The Equilibrist" e "Salsa Guata" parte centrale del disco. Gli Hermanos mescolano i generi tenendo come unico punto di riferimento la poetica dello "spleen". Un disco che non farà fatica a farsi apprezzare.
Avevamo già recensito l'album di debutto della degli Ermes, con l'album dall'omonimo titolo e che a noi era particolarmente piaciuto, adesso i quattro ragazzi tornano alla ribalta con il secondo album sempre DIY titolato "Worst Case Scenario". Hard Core misto a Punk avvolto da un'alone di adrenalina dislocato in nove brani per una durata di 18 minuti, questo è il riassunto principale di questo secondo lavoro. Un progetto ben assestato che conferma quanto di buono la band ha fatto fino ad ora con il lavoro precedente.Interessanti cambi di tempo all'interni delle singole tracce "Mindfuck: The Musical!", "American Pizza" fanno capire quanto la band sia stata attenta nella stesura dei brani. I suoni generali di questo disco , hanno la temperatura calda ed i colori belli scuri, complice l'inteligente scelta della band di riconfermare alla regia Pasquale Marinello dei DogSounds Studio di Prato. Chitarre crude sostengono una voce ruvida, mentre la sezione ritmica riesce ad amalgamare bene tutto il lavoro di questi ragazzi che hanno confermato le loro doti compositive. Gli Ermes sembrano aver trovato la strada giusta, assolutamente da continuare a proseguire. Album di debutto per i Sonicatomic, quartetto di Tortona che propone, con l'album Vibes Addiction, un'alternative rock con spunti noise e arrangiamenti psichedelici tutto rigorosamente strumentale. La band si forma nel 2014 ed è il sunto di varie esperienze musicali derivate dai singoli musicisti. Otto brani dal sound corposo addolcito da spunti melodici generati da una sezione di fiati leggera e allo stesso tempo efficace "Sonicatomic", "Amper Generation". I riff ritmici pur essendo leggeri e in alcuni casi in modalità tribale riescono a dare un bel contributo sonoro. I Sonicatomic, fanno uso sapiente uso di synth e parti campionate, specie ad ogni inizio brano "Cranio", "Faith", per citarne alcuni, strategia azzeccata, visto che la mancanza di liriche potrebbe essere un fattore che alla lunga annoia. La linea di basso cruda e scura riesce a mantenere vivo e interessante questo progetto che pur essendo un debutto chiarisce subito di che pasta è fatto il combo di Tortona. Bel disco che consiglio a chi cerca sonorità fresche e originali. Torino, Settembre 2015 quattro musicisti Simone Careglio - Vox & Guitar, Enrico Inri Lo Brutto - Guitar, Emanuel Tschopp - Bass e Roberto Cadoni - Drums, dalla visione musicale ampia e varia, si uniscono per creare un sound innovativo che spazia dal Rock al Metal creando così un combo sotto il nome di Peak. I quattro ragazzi, trovano subito l'intesa giusta per tirare fuori qualcosa di veramente interessante ed ecco che partoriscono il primo lavoro "Into your Venis", otto brani che prendono ispirazione da formazioni di spessore come Alice in Chains, Nirvana, Audioslave, Queens of the Stone Age. Senza troppi complimenti si irrompe con sonorità da prima soft che definirei come la calma prima della tempesta con "Siren's Silly Prayer", e la melodica quasi malinconica "White Stone". Le chitarre ruvide e cupe di Into Your Venis iniziano ascaldare i motori che entrano a pieni giri e alla massima potenza con "The Mole" e "Fox 2", e la bella Tribale "Dark Hour".Il livello tecnico dei singoli musicisti è alto e ci regala dei momenti intensi e allo stesso tempo piacevoli. Into Your Venis si chiude con Siren's Silly Prayer in versione acustica. Un disco maturo, fatto con il cuore e tutta l'esperienza accumulata dai ragazzi grazie anche alle differenze musicali di ogni singolo musicista. Sicuramente consigliato a tutti ma proprio tutti. |
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Dicembre 2017
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